Giornata mondiale dei poveri: gesti, volti e storie di speranza

Pranzo con i poveri ad Ancona

Anche quest’anno la Caritas diocesana ha promosso la Giornata Mondiale dei Poveri che è iniziata condividendo il pranzo con tanti fratelli e sorelle bisognosi. Domenica 16 novembre, ad Ancona, 140 persone in difficoltà hanno pranzato con Mons. Angelo Spina e con il direttore della Caritas diocesana Simone Breccia, presso la mensa “Beato Gabriele Ferretti – S. Stefano”. A Osimo, invece, circa 100 persone hanno partecipato al pranzo organizzato nella parrocchia Sacra Famiglia, accolti dalla vicedirettrice della Caritas diocesana Donatella Crocianelli e da alcuni volontari. Ad Ancona, Simone Breccia, suor Pia della Mensa di Padre Guido e Mons. Angelo Spina hanno rivolto il saluto di benvenuto. L’Arcivescovo ha ricordato che «davanti a Dio siamo tutti poveri» e ha condiviso il pasto sedendosi a tavola con loro, ascoltando da vicino le loro storie e situazioni di vita.

La giornata è continuata nel pomeriggio con la veglia-marcia per le vie di Osimo. Meditando sul messaggio di Papa Leone XIV per la Giornata Mondiale dei Poveri, sul tema “Sei tu, mio Signore, la mia speranza” (Sal 71,5), sono state ascoltate tre testimonianze. Nei giardini di piazza Nuova, il direttore della Caritas diocesana ha parlato della mensa di Ancona, che ogni sera accoglie in media 112 persone (oltre 40mila nel 2025), e ha sottolineato che «la mensa non è solo un luogo dove offrire un pasto, ma uno spazio di incontro, dove le persone vengono accolte da tanti volontari. Sempre più spesso emerge che molti vivono nella solitudine; per questo abbiamo deciso di aprire la mensa due volte alla settimana alle 15, per offrire un caffè e, soprattutto, il nostro tempo: per ascoltare, fare una partita a carte, scambiare due chiacchiere. La presenza accanto alle persone è il cuore del nostro servizio».

Simone Breccia, direttore Caritas Ancona-Osimo

Nel suo messaggio, il Papa ha scritto che «sempre più, segni di speranza diventano oggi le case-famiglia, le comunità per minori, i centri di ascolto e di accoglienza, le mense per i poveri, i dormitori, le scuole popolari: quanti segni spesso nascosti, ai quali forse non badiamo, eppure così importanti per scrollarsi di dosso l’indifferenza e provocare all’impegno nelle diverse forme di volontariato». Nella seconda tappa è stata quindi ascoltata la testimonianza di Donatella che, con suo marito Angelo, ha aperto a Osimo la casa-famiglia “Non temere”. «Nel 2012 – ha raccontato – abbiamo aperto la porta della nostra casa e viviamo un’esperienza di accoglienza per bambini da 0 a 4 anni. Siamo disponibili in quello spazio dove il tempo rimane sospeso tra l’allontanamento dei piccoli dalla propria famiglia di origine, al momento dove il progetto si definisce o con il ritorno a casa o dove non è proprio possibile, verso una nuova famiglia che rimarrà per sempre. Abbiamo posto la nostra speranza nel Dio vivente e l’augurio è che la nostra casa sia sempre segno di speranza per tutte le persone che la abitano. Nel nostro umile servizio possiamo essere delle piccole “ancore”, dove i nostri bambini possono trovare stabilità, sicurezza e amore».

I partecipanti si sono poi incamminati verso il Battistero dove Marta, un’insegnante di italiano ha raccontato la sua esperienza nelle classi multiculturali. Ha spiegato che la speranza, in questo anno giubilare, è quella di riuscire a cogliere le potenzialità della multiculturalità e delle diverse esperienze provenienti da ogni parte del mondo, anziché considerarle un problema. «Noi docenti lavoriamo in questa direzione – ha raccontato – e spesso sono proprio i ragazzi a mostrare agli adulti che la diversità è una risorsa, non una difficoltà. Cerco sempre di far raccontare loro come si vive nei loro Paesi e di confrontarci: spesso emergono più elementi in comune che differenze. Nascono dialoghi molto interessanti. È davvero arricchente condividere tanti aspetti delle diverse culture».

Veglia-marcia a Osimo

All’esterno della Concattedrale c’è stato poi il segno dell’àncora, simbolo della speranza. Come l’àncora viene gettata nelle profondità del mare per dare stabilità alla nave, così la speranza in Cristo rende saldi di fronte alle tempeste della vita. I presenti hanno scritto su un bigliettino una situazione che stanno vivendo e hanno chiesto al Signore di poter restare stabili e fermi, invocando la Sua presenza come ancora di vita. Ognuno ha poi fissato il proprio biglietto su un’àncora, realizzata dai ragazzi del catechismo.

La veglia si è conclusa all’interno della chiesa, con la riflessione dell’Arcivescovo: «Tutti noi siamo poveri davanti a Dio perché peccatori. Chiediamo al Signore che ci arricchisca con la sua presenza, perché possiamo donare agli altri il suo amore. Le povertà sono molte: da quella materiale a quella educativa; ma la più grande, come ricordava Papa Francesco, è la mancanza di Dio». Mons. Angelo Spina ha spiegato che «la Chiesa guarda ai poveri perché Cristo stesso si è fatto povero e ci ha lasciato il comandamento dell’amore. Nell’esortazione apostolica Dilexi te, Papa Leone ricorda le parole del Signore: “Io ti ho amato” (Ap 3,9). L’amore di Dio è per tutti, in particolare per i poveri. Gesù proclama: «Beati voi poveri, perché vostro è il regno di Dio» (Lc 6,20). Verso i poveri, infatti, Dio mostra predilezione: prima di tutto a loro è rivolta la parola di speranza e di liberazione del Signore e, perciò, pur nella condizione di povertà o debolezza, nessuno deve sentirsi più abbandonato. E la Chiesa, se vuole essere di Cristo, dev’essere Chiesa delle Beatitudini, Chiesa che fa spazio ai piccoli e cammina povera con i poveri, luogo in cui i poveri hanno un posto privilegiato».

Animazione con i bambini del catechismo

In occasione della Giornata mondiale dei poveri, la Caritas ha organizzato anche altri eventi nei giorni precedenti. Sabato 15 novembre, a Osimo, si è svolta una giornata di animazione per i bambini e i ragazzi del catechismo. Attraverso giochi e attività, hanno esplorato concetti come giustizia ed equità utilizzando una bilancia, hanno confrontato tesori effimeri e veri tesori, e la maggior parte dei ragazzi ha indicato la famiglia come il bene più prezioso. Hanno seminato semi di speranza in alcuni vasi, simulato un salvataggio in mare e cercato segni di speranza in quadri famosi. Hanno ascoltato la storia del “negozio di Dio” e compiuto un gesto simbolico, ripreso il giorno successivo dai partecipanti alla veglia: hanno scritto su dei biglietti il desiderio di ancorare la loro vita a Gesù e li hanno fissati sull’àncora.

Un altro bel momento è stato il convegnoColtiviamo sogni in crescita”, organizzato lunedì 10 novembre presso il Centro pastorale diocesano. L’incontro, moderato dal giornalista Giancarlo Trapanese, ha visto la partecipazione del presidente Coni Marche Fabio Luna, del mental coach Luciano Sabbatini, dell’Arcivescovo, del manager di calcio giovanile Maurizio Zandegù, del campione europeo junior di Judo Jean Carletti, del percussionista Zeno Le Moglie, del campione europeo junior di Ginnastica Tommaso Brugnami.

Convegno “Coltiviamo sogni in crescita”

Maurizio Zandegù ha affermato che «i giovani sono la ricchezza del futuro» e devono imparare a sognare con la propria testa. Ha poi sottolineato che «manca il dialogo in famiglia» e ha invitato i genitori a «dedicare più tempo» ai loro figli. Anche Luciano Sabbatini ha ricordato che «i genitori devono essere educati nello sport: i ragazzi devono coltivare i loro sogni, non quelli dei genitori». Ha spiegato che, nel suo lavoro di mental coach, il compito principale è «lavorare prima sulla persona e poi sull’atleta, affinché possa dare il meglio di sé». Jean Carletti, Zeno Le Moglie e Tommaso Brugnami hanno condiviso i loro sogni, gli ostacoli incontrati, le difficoltà superate e le persone che li hanno sostenuti. C’è chi sogna le Olimpiadi e chi di trasformare la propria passione per la musica in un lavoro. Tutti, però, hanno lanciato un unico messaggio ai giovani: «Vivete i vostri sogni, non quelli degli altri».

Fabio Luna ha sottolineato che «bisogna fare attenzione, nello sport, quando la medaglia olimpica diventa l’unico obiettivo. Non è questa la finalità dei nostri dirigenti sportivi. Il nostro impegno è trasmettere i valori dello sport e, quindi, della vita. Ogni atleta, alla fine della sua giornata in palestra, conquista una medaglia invisibile: la medaglia dei valori». L’Arcivescovo ha ricordato che «il valore da ritrovare è la dimensione umana. Il mondo non avanza grazie ai social, ma grazie alle relazioni. È necessaria un’alleanza tra le generazioni, tra anziani e giovani. Gli anziani sognano, i giovani profetizzano».

Al termine del convegno, Roberto Penna, dell’Ufficio pastorale diocesano dello sport, ha presentato il progetto “Sogni in crescita”, rivolto a dirigenti sportivi, tecnici del settore giovanile, genitori di atleti e giovani sportivi (12-19 anni). Un progetto pensato per far emergere i sogni dei ragazzi, attraverso momenti di ascolto, condivisione di buone pratiche e iniziative formative.

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